Il capitolo è stato aggiornato il 19/09/2024
LE SCUOLE DI MUSICA PRIVATE SONO IL PRINCIPALE BALUARDO AD UNA DERIVA CULTURALE MUSICALE SENZA PARI.
MA, RISPETTO ALLE SCUOLE D’ARTE O DI SPORT, SONO LE PIU ESPOSTE AL DISAGIO ECONOMICO.
IN ASSENZA DI CONTRIBUTI PUBBLICI, VANNO SOSTENUTE CON MIRATE DEFISCALIZZAZIONI:
Si consiglia di leggere anche la storia delle scuole di musica
La causa delle difficoltà economiche delle scuole di musica è principalmente una:
LA LEZIONE INDIVIDUALE DI STRUMENTO – rapporto uno a uno tra insegnante e allievo (peculiarità assente o secondaria nelle scuole di danza, altre arti o nello sport), nelle scuole di musica è imprescindibile e determina una redditività così bassa da non consentire una adeguata remunerazione degli addetti, né il corretto assolvimento degli obblighi fiscali e contributivi.
Ne deriva che le scuole di musica – fatta eccezione per le poche supportate da congrui contributi pubblici – sopravvivono solo grazie all’impagabile abnegazione degli operatori stessi.
Pur tuttavia la loro attività è insostituibile. Infatti:
- sono presenti capillarmente su tutto il territorio nazionale
- sono le uniche attualmente in grado di offrire, a livello popolare, quell’efficace percorso educativo che non può prescindere dall’INSEGNAMENTO PRATICO di almeno uno strumento musicale e/o del canto.
L’importanza dell’apprendimento pratico dello strumento musicale o del canto è evidenziato anche dal
COMITATO NAZIONALE PER L’APPRENDIMENTO PRATICO DELLA MUSICA (emanazione del MIUR)
Istituito già dal 2006, con legge dello Stato, questo Comitato fu voluto dall’allora Ministero per l’Istruzione al fine di dettare le linee guida per una adeguata riforma dell’insegnamento della musica nella scuola pubblica, dalla Materna alle Medie superiori.
Nota: Il Comitato, che inizialmente doveva avere una durata di tre anni, è tutt’ora operativo essendo stato prorogato ad ogni scadenza triennale.
Nel marzo 2009, il comitato, in ossequio all’incarico ministeriale, rilasciava un esaustivo documento avente per titolo FARE MUSICA TUTTI, (clicca per accedere al documento
Sostanzialmente il documento del Comitato prevedeva (prevede):
- l’introduzione della musica in ogni ordine e grado della scuola pubblica, a partire dalla scuola dell’infanzia,
- l’insegnamento PRATICO degli strumenti musicali,
- la fornitura GRATUITA degli strumenti stessi.
Quindi: nuovi insegnanti, aule idonee (insonorizzate), attrezzature, strumenti, etc.
Appare molto verosimile che lo Stato non possa permettersi tali spese. Se ne deduce che le scuole di musica private, pur operando ai limiti del volontariato, stanno di fatto SURROGANDO lo Stato stesso e lo faranno inevitabilmente per molti anni a venire!
OCCORRONO MIRATE DEFISCALIZZAZIONID’altra parte le scuole di musica sono pressoché improduttive per le casse dello Stato, sia fiscalmente che sotto l’aspetto previdenziale.
Il che è come dire che: un provvedimento legislativo in questa direzione avrebbe costi del tutto irrilevanti!
Si vedano anche le bozze di emendamenti
LA TRISTE SITUAZIONE ECONOMICA NELLE SCUOLE DI MUSICA
Vale la pena di ricordare che le scuole di musica sono promosse in maniera massiva da associazioni culturali, dove, per evitare l’impagabile IVA, è d’uso far rientrare le rette nel novero delle contribuzioni speciali degli allievi/soci allorché usufruiscono di un particolare servizio.
Questo comporta che le associazioni in questione, pena la perdita del beneficio fiscale, debbono prestare una attenzione non da poco nel rispetto delle regole sull’associazionismo: statuto, assemblee, registro dei soci e quant’altro, per non parlare della RIFORMA DEL TERZO SETTORE che costituisce un ulteriore restrittivo giro di vite. Ma accade di frequente che questa attenzione viene a mancare semplicemente per mancanza di tempo; infatti le attività didattiche e artistiche sono molto impegnative e così scarsamente remunerative che gli operatori devono attendere personalmente persino a mansioni umili e collaterali come la pulizia degli ambienti.
Va anche rilevato che, sempre per mancanza di risorse, ci si arrangi con commercialisti a buon mercato che si limitano a mere operazioni contabili, quando invece si avrebbe bisogno di consulenza specializzata sull’associazionismo.
LE CONSEGUENZE
In questi ultimi tempi, in cui in altri settori l’associazionismo di copertura sta assumendo dimensioni allarmanti, sta accadendo spesso che ispettori della AE, facendo di tutt’erba un fascio (spiace dirlo) facciano verifiche anche nelle scuole di musica … rilevino con facilità la scarsa consistenza dello status di associazione e attribuiscono d’ufficio l’attività d’impresa: quindi … vengono imputati arretrati di IVA fino a tre anni, interessi e sanzioni. Somme impagabili! … Si chiude, … e i responsabili delle scuole, dopo tanti sacrifici e tanto volontariato, vanno in rovina!
Appare paradossale che le scuole di sport “riconosciute” dal CONI, attraverso semplici affiliazioni, e persino scuole di “ballo liscio” (spacciate per scuole di danza sportiva), siano esenti da IVA a prescindere, mentre le scuole di musica, che esercitano un altissimo servizio sociale in surroga dello Stato, debbano convivere con questa sorta di SPADA DI DAMOCLE
IL RICONOSCIMENTO PER “ATTO CONCLUDENTE”
A particolari condizioni può esonerare dall’IVA
(paragrafo in costruzione)
valga però l’articolo di cui a questo link.
fiscooggi.it/rubrica/attualita/articolo/riconoscimento-scuole-lezione-dalle-entrate
SUI COMPENSI ESIGUI DEGLI INSEGNANTI
Sempre a causa della scarsa redditività dovuta alle “lezioni individuali”, i compensi per gli insegnanti sono purtroppo esigui, specie se si considera l’alta professionalità profusa.
Si stima che guadagnino meno di un terzo degli insegnanti della scuola pubblica.
Per di più, a loro (in massima parte: musicisti disoccupati) viene spesso imposto di dotarsi di partita Iva per contribuenti minimi (che non è certo stata pensata dal legislatore per una attività perennemente precaria), per cui devono farsi carico anche dell’INPS. In alternativa si ricorre a contratti per lavoro occasionale, ma c’è la ritenuta d’acconto del 20%, anch’essa penalizzante
Comunque la mettiamo, è come dire che a soggetti con redditi annui così bassi da rientrare spesso nelle c.d. categorie di “povertà relativa” o “assoluta” (di cui tanto si parla ultimamente) restano in tasca, quando va bene, 5/6 euro per una ora d’insegnamento. Oltretutto per un numero di ore spesso irrisorio e mai garantito.
ECCO GLI INTERVENTI NECESSARI:
In favore degli insegnanti:
- Esenzione contributiva fino a 5.000 euro e fiscale fino a 15.000 euro, al pari del dettato della recente riforma sullo sport (decreto legislativo 25 del 2021) in vigore dal 1° luglio 2023.
Nelle nazioni socialmente più evolute della nostra non esistono imposizioni contributive per le fasce a reddito molto basso.
Non è ammissibile che, nel nostro paese venga sottratto il 27,72 % (gestione separata) a chi ha, e avrà a vita, redditi al di sotto dei limiti “di povertà”, per di più in una attività altamente sociale e in surroga allo Stato!
- In subordine, nei casi in cui ci siano le condizioni per i versamenti contributivi previdenziali, questi devono confluire nel fondo INPS/FPLS (exEnpals), dove i musicisti/insegnanti sono già iscritti, quali lavoratori dello spettacolo e non nella generica “gestione separata”.
In favore dei responsabili delle scuole:
- AI FINI IVA. Semplificazione delle procedure per il “riconoscimento” delle attività d’insegnamento della musica.
Vale la pena di ricordare che l’esenzione già c’è (art 10, comma 20 della legge 633/72, la legge sull’Iva) allorché le attività didattiche rivolte ai minori siano “riconosciute” da pubbliche amministrazioni (o da ONLUS), ma il disposto è di difficile interpretazione, specie per le piccole amministrazioni comunali. (vedasi in allegato le bozze di emedamenti).