Roma. 14 gennaio 2015.
L’ultimo lavoro di Maria Iolanda Palazzolo, è stato presentato a Roma presso la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, prestigiosa istituzione in via Michelangelo Caetani,  32 (Palazzo Mattei di Giove).

Come evidenziato nel sottotitolo, l’autrice, in una meticolosa ricostruzione filologica, affronta la spinosa quanto affascinante tematica del diritto d’autore partendo dal 1840 – Convenzione tra il Regno di Sardegna e l’Impero Austriaco – fermandosi però al 1941, storico anno in cui fu formalizzata in Italia la legge tutt’ora vigente (n. 633 del 22 aprile – 1941).

Considerando che il tema del diritto d’autore, in quanto ad aspetti controversi, negli ultimi tempi e specie in casa nostra (SIAE), ha subito una impennata come mai negli anni passati, sarebbe auspicabile che, con altrettanta meticolosità, la scrittrice ci proponesse quanto prima un secondo volume che sulle criticità dal ’41 ai giorni nostri. Cioè da quando sostanzialmente lo Stato italiano ha affidato il monopolio del diritto d’autore alla attuale SIAE, Società Italiana degli Autori ed Editori.

Cenni sulla attuale situazione particolarmente complessa si rilevano anche nelle prime righe della presentazione on line del volume http://www.viella.it/libro/810

“Da quando lo sviluppo delle tecnologie digitali ha facilitato la riproduzione di testi e immagini, il tema del diritto d’autore è diventato di grande attualità. Su quotidiani e periodici ci si interroga sulla sopravvivenza di questo istituto e sull’eventualità di un suo definitivo superamento in nome della piena libertà di accesso al l’informazione. Ma come è nato il diritto d’autore in Italia e soprattutto quali soggetti sociali – editori, autori, ma anche politici – si sono maggiormente mobilitati per la sua piena affermazione fin dal primo Ottocento?
Attraverso la ricostruzione puntuale delle discussioni tra gli addetti ai lavori e del dibattito parlamentare nell’Italia unita in un serrato dialogo con la realtà europea, l’Autrice mette in luce le tappe della lenta attuazione della tutela dell’autore, i conflitti tra le diverse forze in campo e soprattutto il ruolo svolto dalle nuove associazioni nate alla fine del l’Ottocento – e tuttora esistenti, seppure con altre sigle – in rappresentanza degli interessi di categoria, l’Associazione dei tipografi e degli editori e la Società degli Autori.”


Alla presentazione del volume sono seguiti interessanti interventi incentrati proprio sulle attuali criticità del diritto d’autore. Particolarmente incisivo l’intervento del prof. Mario Infelise che, con arguta ironia, ha sottolineato come appaia decisamente eccessiva la prolungazione economica del diritto agli eredi fino a 70 anni dalla morte dell’autore, citando ad hoc un altro volume pubblicato nel 2013 dal prof. Fabio Macaluso dal titolo “E Mozart finì in una fossa comune, vizi e virtù del copyright (2013)”. Non poteva esserci titolo migliore per un argomento così scottante… soprattutto per i “vizi”.

A seguire, ha preso la parola Victor Solaris (pseudonimo di Vittorio Di Menno Di Bucchianico), musicista, anche segretario nazionale di SOS MUSICISI, che riallacciandosi all’intervento del prof. Infelise, ha illustrato un caso limite immaginario, ma del tutto possibile, che dimostra quanto il prolungamento del diritto d’autore fino a 70 anni dalla morte dell’autore sia non solo eccessivo, ma addirittura privo di qualsiasi logica.

Ecco l’intervento di Victor Solaris:

“Due autori che, per comodità chiamerò  Caio e Sempronio, entrambi ventenni, compongono ciascuno una cosiddetta “opera” (una canzone o un qualsivoglia prodotto dell’ingegno tutelato dalla legge). Entrambe le opere hanno pari successo che si prolunga nel tempo. Ebbene, Caio ha la fortuna di vivere 90 anni, e la sua “opera”, di conseguenza, produce 140 anni di “diritti”, 70 a lui personalmente e 70 agli eredi. Per contro, Sempronio, ahimè, ha la sfortuna di lasciare questo mondo subito dopo aver composto l’opera. Risultato: il suo lavoro produce solo (si fa per dire) 70 anni di diritti, quelli destinati agli eredi.

Questo dispone la convenzione di Berna del 1883, più volte rivisitata negli anni, senza che mai sia stata rimossa questa palese illogicità. E evidente che a monte ci sono poteri forti, di caratura internazionale (grandi editori?), che non hanno interesse che il “privilegio” sia rimosso.”

Vale la pena di ricordare che i diritti connessi, molto più logicamente, decadono dopo 70 anni (pur tanti) dalla pubblicazione dell’opera e non dalla morte dell’autore.


Hanno partecipato all’evento:

L’autrice, Maria Iolanda Palazzolo ha insegnato Storia della stampa e dell’editoria presso l’Università di Pisa. Tra le sue pubblicazioni: La perniciosa lettura. La Chiesa e la libertà di stampa nell’Italia liberale (2013); I Libri, il Trono, l’Altare. La censura nell’Italia della Restaurazione (2003).

Il relatore, Alberto Petrucciani, docente di Archivistica, bibliografia e biblioteconomia presso l’Università di Roma Sapienza. Tra le sue recenti pubblicazioni: Libri e libertà: biblioteche e bibliotecari nell’Italia contemporanea (2012).

Lodovica Braida, docente di Storia della stampa e dell’editoria presso l’’Università di Milano. Tra le sue recenti pubblicazioni: Libri di lettere: le raccolte epistolari del Cinquecento tra inquietudini religiose e buon volgare (2014).
Mario Infelise, docente di Storia del Libro presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Tra le sue recenti pubblicazioni: I padroni dei libri: il controllo sulla stampa nella prima età moderna.

Fabio Macaluso, avvocato, esperto di diritto d’autore, ha scritto …E Mozart finì in una fossa comune: vizi e virtù del copyright (2013).