03.12.2018 – Prima di passare all’articolo di Massimo Siddi, derivato da un post sulla bacheca del gruppo Facebook di Sos Musicisti, post nel quale, attraverso una divertente parabola, il noto dj radiofonico (raro esperto di diritto d’autore), vale la pena di ricordare cosa sta accadendo in casa Siae.
IL PRESUPPOSTO
Il monopolio sui diritti connessi era decaduto già da diversi anni, da poco invece è decaduto anche quello sui diritti d’autore veri e propri.
Altre imprese possono entrare sul mercato a condizione che siano di proprietà degli stessi aventi diritto (almeno per il momento, perché pare che la norma stessa stia per essere modificata).
La norma di riferimento è la legge attuativa della direttiva c.d. Barnier del 2014, recepita in Italia con forte ritardo (decreto legislativo n. 35 del 15 marzo 2017).
Ma siamo certi che l’entrata in scena di altri operatori sia la soluzione giusta per i piccoli autori ed editori che hanno visto precipitare gli incassi in questi ultimi anni? … E la burocrazia per più permessi di utilizzazione dove la mettiamo?
E soprattutto: non è affatto scontato che i costi per l’utenza scenderanno, piuttosto è prevedibile il contrario!
E sì, non facciamoci prendere la mano dal luogo comune che, come è accaduto con la telefonia, la concorrenza abbassi le tariffe con evidente beneficio dell’utente. I diritti d’autore non si possono affatto paragonare ai “minuti” degli abbonamenti per il cellulare!
Per non parlare poi della burocrazia, come vedremo dalla sagace parabola inventata da Massimo Siddi.
UNA BREVE CRONISTORIA
Diciamoci la verità, fino al 2012 la Siae per i musicisti era una concreta opportunità, specialmente a fronte dei compensi che parimenti stavano scivolando ai minimi storici.
Prova ne sia che, vuoi per la non difficile difficoltà a inventarsi una canzone, vuoi perché da tempo non è necessario sostenere alcun esame, il numero degli iscritti era arrivato intorno alla notevole cifra di 100.000 (un autore o editore ogni 600 abitanti).
Come dire che… in uno sperduto paesello di provincia di 5/6 mila abitanti c’erano una decina di iscritti alla Siae aspiranti al successo, quantomeno come autori.
Ma cos’è accaduto nel 2012?
I grandi Autori ed Editori si sono improvvisamente accorti di essere danneggiati dai borderò compilati in maniera poco attendibile nel settore dell’ “intrattenimento” (piccole sale da ballo, pianobar, pub, matrimoni, ecc).
Pare che siano state scoperte anche piccole organizzazioni sorte per accaparrare non solo un po’ di “titoli” del borderò, ma addirittura per mettere le mani per intero su questa sorta di “assegno in bianco” mandando in giro per i ristoranti dei ragazzotti in motorino che, con sotterfugi vari, ritiravano i borderò non ancora compilati per portarli in appositi uffici dove venivano riempiti con titoli di compiacenza e restituiti direttamente agli agenti territoriali, simulando persino un favore per la restituzione certa e la bella calligrafia.
La via più breve adottata dai vertici della Siae per risolvere il pur grave problema è stata quella (troppo sbrigativa) di “cestinare” totalmente i borderò dei trattenimenti privati (e quelli dei circoli privati) e di ripartirne i proventi “a campione”.
E non si parla di bruscolini, ma di ripartizioni per 14 milioni di euro l’anno.
La scusante?
“Nei ristoranti non possiamo entrare per fare le verifiche perché sono feste private e, dopotutto, i campionamenti sono adottati nella maggioranza delle nazioni.”
Viene da pensare: ma non era la stessa Siae che per giustificare gli alti costi si faceva vanto proprio della meticolosa “ripartizione analitica”?
Come dire che: Il fiore all’occhiello per cui Siae era la migliore al mondo tra le società di collecting è andato miseramente a farsi benedire!
Come era prevedibile, immediatamente iniziò l’insurrezione dei piccoli autori ed editori i quali a buon ragione lamentavano (e lamentano tutt’ora) che così si era fatta di tutt’erba un fascio.
In effetti, (tanto per dirne una) nelle lunghe feste dei “matrimoni”, che specie nel sud Italia sono delle autentiche serate danzanti, vengono eseguiti tantissimi “ballabili” non di successo i cui editori investono fior di quattrini per la distribuzione gratuita di spartiti, basi musicali, CD, ecc. … è ben difficile che quei brani possano “maturare” dei diritti dai campionamenti a loro volta derivati dalle pochissime registrazioni segrete effettuate, tra l’altro, in ambienti musicali diversi dai trattenimenti privati.
Per concludere.
Potrà mai la caduta del Monopolio risolvere questo che è solo uno degli angosciosi problemi che gravano ultimamente sulla Siae?
Non c’è il rischio che aumenti la burocrazia in modo spropositato?
Non c’è il rischio che diventino insostenibili i costi per i gestori, le piccole radio, ecc., con gravi ripercussioni non solo per l’utenza, ma anche sui lavoratori dell’intrattenimento?
I, USER
di Massimo Siddi
Io sono un utilizzatore, quel soggetto cioè che prende la tua opera, in una delle forme per cui la rendi disponibile, e la propone ad un suo pubblico, a volte per intrattenimento, più spesso per spettacolo.
Io sono un utilizzatore, ma non quella persona che ha festeggiato alla notizia della condanna della SIAE da parte dell’Antitrust, per abuso di posizione dominate. Un po’ vuoi perché sono questioni che, in larga parte, non mi coinvolgono direttamente (anche se non è poco), ma soprattutto perché con il D.Lgs 35/17, la questione del monopolio è superata.
Non di questo però volevo parlarti. No, ti volevo solo aggiornare, nel caso tu non lo sappia, che quel D.Lgs. 35/17 – che è “semplicemente” il recepimento della Direttiva Barnier – ha aperto, come al solito accade in Italia, la gabbia del “pollaio” con le “libere volpi” già in caccia. È come se fossimo tornati al 2001 quando nella conversione per l’unione monetaria, i furbi aggiornarono i prezzi con MILLE LIRE = UN EURO..
CHI E’ DAVID ROBERT JONES
Cosa è successo allora in questi mesi, o meglio cosa sta succedendo negli ultimi anni dalla separazione dei diritti d’autore con i connessi?
Provo a spiegartelo dal mio punto di vista con la parabola di David Robert Jones.
David Robert Jones altri non è che David Bowie, o per lo meno così lo conoscono in tutto il pianeta se non consideriamo il fatto che col suo nome di battesimo, Bowie ha inciso una piccola manciata di canzoni sul finire degli anni ’60 ma già nel ’67 i suoi primi singoli portavano la sua firma, come David Bowie intendo.
Immagina ora, di essere nei miei panni. Ora sei tu l’utilizzatore, sei l’editore di una radio e devi trasmettere David Bowie; lo devi fare perché Bowie è Bowie e tutti lo vorrebbero sentire.
IL DIGITALE HA CAMBIATO IL MONDO, IL DIRITTO D’AUTORE NON TIENE IL PASSO
Fino a qualche anno fa, se la tua radio era la tradizionale radio in FM, non avevi dubbi e non li avevi neppure se eri titolare di una discoteca o di un locale di spettacolo: andavi in SIAE per sottoscrivere il relativo “Contratto di Licenza” che, grazie al suo monopolio legale svolgeva quella importantissima funzione istituzionale nella intermediazione dei diritti, ti metteva al riparo da ogni altra possibile richiesta.
Con una sola “Licenza” potevi accedere al repertorio della SIAE più a quello delle “consorelle” che nel mondo avevano dato mandato alla SIAE per incassare i relativi proventi derivanti dalla tua attività.
Praticamente tutto il mondo, quindi anche i brani scritti da David Bowie.
Ma non solo: quella “Unica Licenza SIAE” assolveva anche gli obblighi verso il “diritto connesso”, ovvero quello dei produttori del disco – se naturalmente usavi musica registrata – e dei relativi artisti, interpreti ed esecutori. Una sola, unica licenza e facevi tutto. Semplice, vero?
Cosa sia poi successo dopo, non è che te lo so spiegare. Posso dirti che col nuovo millennio ed anche con la rivoluzione digitale che stava cambiando il mondo, certamente, mi ritrovai a dover sottoscrivere, per quello stesso brano di David Bowie, non più una ma due licenze. La SIAE per i diritti d’autore, SCF per i diritti connessi, cioé quelli dei produttori e degli artisti interpreti esecutori.
Ho sempre saputo che, derivando da una legge dello Stato, ciò che pagavo, la percentuale di ciò che incassavo con la mia attività era, per così dire, protetta dalla legge stessa. E che quella tariffa che nei locali pubblici, per esempio è del 10%, comprendeva tutto, i diritti dell’autore e del suo editore e quelli connessi. Perciò, dovendo fare 2 licenze e non più solo una, quella percentuale, tolto che la gestione burocratica. comunque raddoppiava, doveva comunque sempre dare 10%. Le cose però, non sono andate così.
DIECI LICENZE PER ME POSSON BASTARE (cit.)
Gli anni successivi poi, sono anche stati peggio. Arriva Soundreef che si autodefinisce come una nuova SIAE e che ci trascina dentro una ridicola guerra cui avremmo fatto volentieri a meno. Intorno al 2012 si mette in moto, quel processo che porterà alla completa liberalizzazione dei diritti connessi, con la Direttiva Barnier e il successivo recepimento da parte dell’Italia con il D.Lgs. 35/17, ogni barriera cade. Che detta così sembra anche una cosa bella.
Cosa accade oggi, quindi se come me, anche tu sei un “user”? Semplice, volendo trasmettere un David Bowie qualsiasi ed essendo caduto quel filtro costituito da SIAE, tra il pubblico e il diritto privato, potresti trovarti a dover sottoscrivere e pagare, sempre per la stessa, unica canzone, quattro o anche più licenze.
Sì, perché intanto quei diritti dei produttori e dei relativi artisti che prima stavano insieme dentro la licenza di SCF, ora vengono separati per amministrarsi autonomamente nella quarta nuova licenza. Ed qui che scopri che per Heroes di David Bowie, paghi SIAE per David Bowie – e Brian Eno – paghi SCF per l’etichetta discografica che pubblicò quel disco e paghi, infine – ma forse – anche per David Robert Jones, perché è così che chiamano David Bowie in ITSRIGHT, che gestisce i diritti degli artisti, interpreti, esecutori. Paghi David Robert Jones perché ha cantato in un disco di David Bowie. D’accordo che Bowie è Bowie, incarnando molti incredibili personaggi nella sua lunga e meravigliosa carriera ma qui si esagera!
Forse capirai, arrivati a questo punto, il mio disagio a trasmettere in radio un brano qualsiasi che potenzialmente potrebbe richiedere – in Italia – fino anche a 10 licenze diverse!!!
Potrei essere costretto a quadruplicare, quintuplicare quel 10% fissato come tariffa omnicomprensiva, perché le regole sono cadute, perché si è perduto ogni sano equilibrio tra chi “crea un opera” e chi la “trasforma” in una nuova propria creazione. Perché i diritti di entrambi non possono essere abbandonati in quel libero pollaio alla mercé di volpi senza scrupoli.
Massimo Siddi. Una vita dedicata alla radio e al mondo dell’intrattenimento e spettacolo.
Esordisce giovanissimo nel 1977 in una piccola radio del bolognese (Radio Centrale International) per poi entrare a far parte di molte importanti radio locali bolognesi e non, come Radio PlayStudio, Ciao Radio, Punto Radio Bologna, LatteMiele l’Italiana, Radio Malibù, MondoRadio Network, Radio Bologna Uno, Radio Città Fujiko 103.1.
È stato uno dei DJ del mitico Q.BO‘ di Bologna, primo locale multimediale in Italia che ha preceduto e influenzato la scena “clubbing” degli anni ’90.
Da sempre alternativo al modo “classico” di proporsi in radio, affronta le sue trasmissioni sempre e solo in modo espressivo. Chi lo ascolta in radio, sa che se un disco è nuovo, prima lo suona lui.
Fondatore di Radio Atlantide, autore e conduttore de LNWSI La New Wave Sono Io! in onda su Radio Atlantide e in FM su Radio Città Fujiko 103.1 di Bologna. Co-Founder di CONNECT(ED) PEOPLE Un Progetto per Mettere in Comunicazione le Persone.
PER GLI UTILIZZATORE OCCORRE UNA LICENZA UNICA
commento conclusivo a cura dello stesso Massimo Siddi
Ho sempre pensato, e grazie a questo incontro con SOS Musicisti avvenuto qualche anno fa, che prima o dopo si sarebbe realizzata una sorta di “alleanza” trasversale dentro la quale discutere, confrontarsi per trovare quella visione comune tale da far crescere – insieme – un mercato più equo e giusto.
Come ho spiegato in questo articolo, io sono un utilizzatore di opere tutelate (I, User), ma al pari dei gestori dei locali, dei teatri, degli organizzatori di eventi e degli artisti stessi, anch’io soffro queste nuove imposizioni burocratiche che uccideranno la creatività, perché colpiscono soprattutto i piccoli indipendenti, inteso come l’espressione di idee al di fuori del mainstream.
Quello che è successo in questi ultimi (almeno) dieci anni, è ben sintetizzato nella introduzione di Victor Solaris; tutto inizia e finisce con l’abolizione del monopolio legale della SIAE.
Monopolio che invece garantiva quell’equilibro del mercato oggi definitivamente perso, direi quasi “privatizzato”.
Oggi con ogni probabilità, sarà impossibile tornare a quel filtro istituzionale che, sia pur con i difetti introdotti con la liberalizzazione dei diritti connessi, aveva garantito che non vi fosse l’esplosione incontrollata delle tariffe. Cosa che purtroppo è invece accaduta.
Personalmente ritengo che l’avvento e l’evoluzione del digitale, che ci ha traghettato da un’epoca del possesso a quella attuale dell’accesso, sia stata la scossa che serviva a tutto il mondo della cultura, ma che come spesso è avvenuto, in Italia è stata gestita nel modo peggiore possibile.
Bisogna tornare ad un monopolio, questa volta perfetto che ponga un filtro di equilibrio nei rapporti contrattuali tra le collecting e chi, come me, dei diritti d’autore ne fa un uso per i propri scopi imprenditoriali o anche solo per semplice “passione”.
La SIAE ha questa doppia natura pubblica e privata che non può continuare a vivere dentro lo stesso corpo, e, se anche la riforma all’art. 180 della legge sul diritto d’autore (L. 633 del pur lontano 1941) ne ha depotenziato le funzioni, va creata una nuova SIAE tutta ed esclusivamente pubblica, separata dalla sua parte privata, quella che sul mercato potrà continuare ad amministrare il repertorio dei suoi iscritti.
Una SIAE che abbia l’obbligo istituzionale di concedere le licenze d’uso a chiunque ne faccia richiesta, ne incassi i proventi regolati da tariffe definite in appositi atti del Governo, raccolga tutti i dati per le collecting e soprattutto per l’amministrazione analitica delle ripartizioni verso i titolari dei diritti che ad esse hanno affidato mandato.
Ciò a cui si deve arrivare è una “Licenza Unica” che comprenda tutto, diritti d’autore e connessi di qualsivoglia società di collecting, con un unico referente pubblico a cui, sia gli user che le collecting stesse si debbano rivolgere per poter svolgere i propri compiti con trasparenza ed economicità.
Solo una “nuova SIAE tutta pubblica” può svolgere, per storia, organizzazione ed esperienza, questo importante compito.
Ciò che viviamo oggi è, per dirla con le parole di Milena Gabanelli, “libere volpi in liberi pollai”.