04.01.2020 – Il punto interrogativo si rende necessario perché, vero è che nella recente “legge di bilancio per il 2020” le spese per l’educazione musicale dei minori sono state finalmente dichiarate detraibili, ma occorre fare delle distinzioni.

Di seguito il dettato del comma 1 dell’articolo 41-bis della Legge di bilancio, che va a modificare l’articolo 15 del T.U.I.R. (Testo Unico delle Imposte sui Redditi)

“e-quater) le spese, per un importo non superiore a 1.000 euro, sostenute da contribuenti con reddito complessivo non superiore a 36.000 euro per l’iscrizione annuale e l’abbonamento di ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni a conservatori di musica, a istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) legalmente riconosciute ai sensi della legge 21 dicembre 1999, n. 508, a scuole di musica iscritte nei registri regionali nonché a cori, bande e scuole di musica riconosciuti da una pubblica amministrazione, per lo studio e la pratica della musica”

Nota. La detraibilità fino a 1.000 euro è sul 19% delle spese sostenute. Motivo per cui, su rette modeste,
come si vedrà in conclusione dell’articolo, il gioco potrebbe non valere la candela.

In ogni caso, per comprendere la nuova norma, occorre approfondire:

1. Cosa si intende per Scuola di Musica
2. Cosa è il riconoscimento
3. Cosa è il riconoscimento per ATTO CONCLUDENTE

LE SCUOLE DI MUSICA
Essendo che la maggior parte delle scuole di musica, in perenni difficoltà economiche (quindi per non dover caricare l’Iva sulle rette) sono promosse da associazioni sociali e culturali ad esclusivo favore dei propri soci, possono essere considerate scuole, dal punto di vista legislativo?
La risposta, spiace dirlo, ma è NO.

Anche se nulla osta che una scuola di musica sia promossa da una associazione, per essere definita legalmente SCUOLA DI MUSICA (appunto) occorre che la frequenza dei corsi sia aperta a tutti, soci o non soci. Ovvero l’attività di scuola deve rientrare nel novero delle attività d’impresa che le associazioni, entro determinati limiti, possono comunque mettere in atto per raggiungere gli scopi istituzionali.

Entro determinati limiti, prima della Riforma del Terzo Settore, significava che l’attività d’impresa non poteva apportare redditi superiori al 50% del totale complessivo delle entrate a sostegno della associazione.
Detto in parole povere: Il totale delle rette non poteva superare le entrate da tesseramento e donazioni liberali.
Per fortuna, con la Riforma del Terzo Settore, questa limitazione non è cambiata, perlomeno per le associazioni costituite in APS (Associazioni di Promozione Sociale) con redditi d’impresa entro i 130.000 euro. Cifra difficilmente da raggiungere nel nostro comparto.

Qualcuno dirà: “ma se le lezioni vengono rese in qualità d’impresa, le rette sono soggette a Iva !?!”
… “Quindi, il gioco non vale la candela!”
Proprio così, … ma qui ci viene in soccorso una seconda norma.
Quella sulla esenzione dall’Iva per le scuole, ma a condizione che esse siano RICONOSCIUTE da una pubblica amministrazione. DPR n. 633/72 art. 10 comma 20.
A tal proposito, c’è ampia dissertazione nella pagina del Manifesto dei Musicisti.
http://www.sosmusicisti.org/bozze-di-emendamenti/

Il RICONOSCIMENTO
Il riconoscimento da parte di una pubblica amministrazione, che evidente è lo stesso riconoscimento cui si fa riferimento nella nuova norma sulla detraibilità delle rette, è una attestazione di pubblica utilità di una scuola da parte di un ente pubblico (Regione, Provincia o Comune).
In verità sono poche le Regioni che si sono date delle regole per il riconoscimento e, con ogni probabilità, non c’è nessun comune che abbia preso in considerazione questa norma, salvo quelle che probabilmente si sono trovate di fronte ad una “domanda” per la quale vale la regola del “silenzio assenso” e sono state costrette ad approfondire la materia.

Il riconoscimento per ATTO CONCLUDENTE
In ogni caso c’è una via più breve: il riconoscimento per “atto concludente”.

In cosa consiste?
Se una scuola ha ricevuto una donazione da parte del Comune o anche semplicemente un locale a titolo gratuito, la scuola è intesa “riconosciuta” PER ATTO CONCLUDENTE (si veda al paragrafo successivo).
E’ il caso delle scuole civiche, che spesso sono promosse dagli stessi comuni, ma anche di piccole realtà che usufruiscono di piccole sovvenzioni.

Repetita juvant.
Una associazione non può chiedere il riconoscimento se i corsi sono riservati esclusivamente ai soci.

ALTRE CONDIZIONI PER DEFINIRE UNA SCUOLA DI MUSICA.
Un tempo per ottenere il riconoscimento occorreva la cd. “presa d’atto ministeriale”. Per fortuna oggi non è più così. E’ sufficiente che la scuola promuova, ancorché parzialmente, le identiche materie della scuola di musica pubblica.
Cosa vuol dire?
Un esempio. Una scuola può anche semplicemente proporre un corso limitato al solfeggio o a un livello intermedio di strumento musicale, ma nel rispetto dei programmi ministeriali per il Conservatorio o per il Liceo Musicale, dove, come è noto, da un bel po’ di tempo sono stati introdotti anche i corsi di Popular music e di Jazz.
Il chiarimento sul riconoscimento è tratto dalla circolare della AE n. 18 del 2008 (pag. 9).
Nota. Nella medesima circolare si esplicita la definizione di ATTO CONCLUDENTE.

CONCLUSIONE
Se una associazione deve fare tutta questa trafila per consentire alle famiglie degli allievi di avvalersi la detrazione delle rette o dell’esenzione dall’Iva, potrebbe non valer la pena di porsi il problema e continuare come si è fatto fino ad adesso, cioè, rivolgere i corsi ai soli soci, ponendo però la massima attenzione alle nuove regole intervenute con la Riforma del Terzo Settore, perché i controlli sulle associazioni stanno aumentando e le sanzioni potrebbero essere impagabili.

SOS MUSICISTI E LE SCUOLE DI MUSICA
In considerazione del fatto che, a causa delle lezioni individuali, prerogativa esclusiva delle scuole di musica, la redditività è così bassa da rendere le scuole in perenni difficoltà economiche, vale la pena di ricordare che, con ogni probabilità, è solo SOS MUSICISTI che si sta occupando del problema, segnalandolo nei minimi dettagli alle istituzioni al fine di ottenere defiscalizzazioni CONGRUE E CONCRETE e non “irrilevanti” come la detrazione appena entrata in vigore.
Al problema è dedicato l’intero secondo capitolo del Manifesto dei Musicisti.
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