23.12.2017 – Proprio in questo felice momento natalizio in cui lo Stato ha tolto dalla precarietà un notevole numero d’insegnanti di Conservatorio, vogliamo denunciare che, per contro, l’insegnamento della musica nelle scuole elementari e nelle scuole private è oberato da una tale mole di gravami burocratici da vanificare il reddito degli operatori e mortificarne la dignità lavorativa.

Riceviamo e pubblichiamo lo sfogo di una nostra iscritta, musicista precaria e docente “superprecaria” in diverse scuole elementari o private di musica del Lazio.

La scrivente, nel timore di poter perdere il lavoro, ci ha pregato di restare in anonimo.


“Intanto Buon Natale a tutti e felice anno nuovo.
Qualche giorno fa è stato approvato un emendamento che finalmente renderà non precari alcuni miei insegnanti, colleghi e professionisti stimati che insegnano in conservatorio.

Sono davvero felice per loro, ma approfitto di questo momento per descrivere una figura professionale, analoga e ugualmente importante,  ma meno conosciuta e soprattutto “superprecaria”: il musicista che insegna come “esperto esterno” nelle scuole pubbliche di ordine minore o in quelle private costituite soprattutto da associazioni e diffuse un po’ ovunque sul territorio nazionale.

Si tratta di una figura fondamentale per l’educazione musicale.

Parlo di un professionista, spesso con tanto di titolo (oggi parificato alla laurea), il quale per un’ora a settimana si sostituisce alla maestra per dare ai vostri figli la possibilità di provare l’esperienza musicale. Esperienza di cui ciascun bambino ha bisogno e al cui accesso dovrebbe avere diritto.

Il meccanismo dell’incarico però è molto diverso da una vera assunzione, ancorché a tempo parziale.
L’esperto esterno deve rispondere ad un bando, o essere contattato su chiamata diretta del direttore, ma questo capita raramente e solo in casi di urgenza.

Cos’è un bando?
È un’offerta di incarico d’insegnamento cui si risponde con un progetto che verrà valutato dal direttore (o preside) dietro parere non vincolante del consiglio scolastico.

Capita spesso di rispondere ad un bando “finto”.
Che cosa vuol dire finto?
Vuol dire che il posto era già stato assegnato e tu avrai perso almeno una settimana a scrivere un progetto che non sarà approvato.
Non è facile scrivere i progetti per i bandi, ci vorrebbe un corso per imparare a farlo; e richiede anche molto tempo, spesso completamente sprecato.

Quando finalmente si riesce ad entrare in una scuola pubblica, bando o non bando, si beneficia di un posto di lavoro “sicuro” fino a giugno.
Fino a giugno si potrà pagare l’affitto.
Ah no! Per pagare… si presuppone di essere stati pagati prima. Ma la trafila è complessa.

Infatti, da un po’ di tempo, la scuola pubblica (non so se per legge) non può pagare direttamente professionisti non iscritti ad albi (come dire che potrebbe pagare un avvocato, ma non un musicista) e i bandi per i corsi musicali (che sono curriculari) il più delle volte e paradossalmente sono rivolti ad associazioni no profit.
Perciò il povero musicista è costretto ad iscriversi ad una associazione per poi agire in nome e per conto di questa. Ovviamente, perdendo una parte della paga, che di per sé è di gran lunga inferiore a quella dell’insegnante di ruolo.

Capita, però, che proprio per via delle paghe basse, anche le quote incamerate dalla associazione restano modeste, motivo per cui questa sorta di intermediazione avviene all’acqua di rose a causa di insufficienza di personale preparato.
Mi riferisco ai rapporti con la scuola, al far girare gli stipendi agli insegnanti, ecc.

Per lo stesso motivo, le associazioni non sono neanche in grado di predisporre la documentazione per partecipare ai bandi stessi e il più delle volte i progetti (e tutto il resto) vengono ideati e assemblati dal musicista stesso. Mi domando allora: a cosa serva questa intermediazione? Perché per lavorare, cioè per portare un pur piccolo reddito a casa,  bisogna ricorrere al “no-profit”?

Succede anche che l’impreparazione delle associazioni arrivi a livelli tali che le informazioni di legge richieste dalla scuola vadano perse.

Accade anche che, in situazioni complesse, i responsabili delle associazioni, a fronte di richieste di informazioni dell’insegnante sull’andamento dei progetti o dei pagamenti, si defilino letteralmente e neanche rispondano al telefono o ai messaggi dell’insegnante/lavoratore, lasciandolo a contemplare Whatsapp per ore, neanche stesse aspettando un messaggio dalla sua ultima fiamma per il primo appuntamento.
Ma c’è un trucco per farsi rispondere, magari per sapere che fine hanno fatto i soldi ai quali avrebbe avuto diritto due mesi prima: bisogna chiamare con l’anonimo o con il cellulare della propria madre, per fare sì che appaia un numero sconosciuto. Procedura a dir poco umiliante.

Vale la pena ricordare che sto parlando di un normale cittadino (il musicista) che paga l’affitto o il mutuo, le bollette, ecc.
Sì, proprio come tutti voi. Preciso e puntuale.

Nonostante le scuole, o le associazioni, troppo spesso, si dimentichino di pagarlo, lui si ricorda sempre di andare a lavoro!
Anzi, con solerzia spesso superiore a quella degli insegnanti di ruolo.

L’influenza? E’ una parola che non esiste nel mondo dei superprecari della musica!
Io ho lavorato più di una volta con l’influenza intestinale, dividendomi tra la classe e la toilette.
Essere malati equivale a non essere pagati.

Io lavoro (a ore) in 5 scuole diverse: oggi è 17 dicembre e sono stata pagata solo da una di queste!

Non si sa che percorsi facciano questi soldi: si ipotizza che ci sia un buco nero in una dimensione parallela che nasconde i denari dei musicisti e li rilascia a caso o con un algoritmo sconosciuto che prevede anche che i denari possano svanire nel nulla!

Fin qui ho parlato del musicista/insegnante esperto esterno nelle scuole elementari pubbliche.
Ora tento di descrivervi cosa avviene nelle scuole non pubbliche.

Qui non occorre rispondere ai bandi e uno pensa: “Se mi accettano la domanda, … o mi assumono o mi chiedono la partita Iva”.

Assumere? ma quando mai! Magari ti capita che una scuola  ti dia un paio di ore, un’altra tre, ecc.
Quindi, scartata l’ipotesi dell’assunzione, non resta che la Partita Iva.

Allora il solerte musicista/insegnante – che vuole sentirsi un cittadino normale – decide di regolarizzare il suo lavoro autonomamente.
Va dal commercialista e apre la fatidica Partita Iva, non sapendo che si sta infognando in una intricata avventura burocratica di cui il commercialista stesso non è al corrente (perlomeno in questo settore) e quindi non in grado di metterlo in guardia.
Oppure può succedere che il commercialista “ci marci” perché, poverino a sua volta, di questi tempi ha bisogno di qualche nuovo cliente, pur se misero.

Infatti, si da il caso che la maggior parte delle scuole private siano “associazioni” (… di nuovo le associazioni, ma è mai possibile?) le quali non incassano l’Iva perché gli allievi sono soci. I denari che girano a causa delle lezioni (necessariamente individuali – ndr. vedasi in calce), sono così pochi che queste scuole sono costrette a rimanere “invisibili” al fisco per sopravvivere. Ne consegue che la Partita Iva è stata inutile perché la scuola stessa, dopo aver pagato a sua volta l’affitto, le spese correnti e quelle straordinarie per l’insonorizzazione (perché in una scuola di musica mica puoi suonare come ti pare!) quei pochi soldi che ti deve dare te li darà a nero.

Nonostante ciò, una volta aperta l’inutile partita Iva, tasse e contributi scattano in automatico. Ma il musicista non saprà come pagare perché non è certo un imprenditore e dovrà vedersela continuamente col commercialista. Logicamente con aggravio di spese.

Qualcuno dirà che ci sono le partite Iva agevolate.

Sì, ma i contributi si pagano in ogni caso, anche se il musicista/insegnante non fa parte di nessuna categoria, e la cassa “per quelli senza cassa” è del 27% (ndr. gestione separata).
Per avere una pensione? Ma quando mai!
Mi hanno detto che ci sono degli “sbarramenti” per cui i miei contributi finiranno nel nulla!

Quindi i miseri 15 euro (quando va bene) di chi lavora in una scuola privata , non saranno più davvero 15 euro, ma molto meno.

Soluzione? Lavoro in nero, cancellazione della partita Iva (con relative spese) e punto e a capo.

Succede anche che chi deve elargire i soldi (nella classica pseudo busta paga del nero) abbia altri impegni proprio a fine mese (ndr. vedi nota in calce).
Ma guarda che coincidenza! E quei soldi arriveranno con molto comodo, … se arriveranno.
Ho l’impressione che questo lavoro sia legato all’astronomia: si viene pagati solo quando i pianeti sono bene allineati.

Questa è la condizione che subiscono più o meno tutti coloro che fanno il mio lavoro, cioè i musicisti che, che per forza di cose, decidono anche di insegnare.
Una categoria sconosciuta di persone invisibili, NON TUTELATA DA NESSUNO, costretta a lavorare in nero come gli extracomunitari in Campania alla raccolta dei pomodori, seppur con tanto di laurea di conservatorio in tasca.

Ora devo smettere di scrivere, perché se voglio continuare ad usare la mia connessione internet a casa, devo andare a pagare la bolletta della Wind che scade oggi.

Vorrei provare l’ebbrezza di dire alla Wind:

  1. Domani te li do. Torna domani!
  2. Uh… li ho dimenticati. Non ho prelevato, accidenti! Facciamo la prossima settimana?
  3. Tu intanto lavora, ora arrivo (e poi entra in azione il buco nero di cui sopra)
  4. Non mi occupo io dei pagamenti.
  5. [telefono che squilla e continuerà a squillare senza nessuna risposta].”

ndr.
Nota sulla LEZIONE INDIVIDUALE.
A questo problema, caratteristica imprescindibile solo nell’insegnamento dello strumento musicale, Sos Musicisti ha dedicato un intero capitolo del MANIFESTO DEI MUSICISTI, e ha più volte portato la questione all’attenzione sia della Commissione Cultura del Senato che del Sottosegretariato alle politiche sociali.

ndr.
Nota sull’apparente cattiva gestione delle scuole private.
In massima parte, il problema è dovuto alla scarsa redditività sempre da ricondurre  alla LEZIONE INDIVIDUALE e non a scorretto comportamento dei promotori. Capita spesso che i promotori siano quelli che guadagnino meno di tutti e spesso addirittura ci rimettano di proprio.