LE IMPRESE DI SPETTACOLO, LE COOPERATIVE,
LE BENEMERITE ASSOCIAZIONI NO PROFIT
E LA CONCORRENZA SLEALE DI QUELLE “DI COPERTURA”
Le imprese di spettacolo, spesso cooperative tra artisti, soggette a tutte le regolamentazioni ”da cantiere” ampiamente denunciate in questo Manifesto, sono troppo spesso soggette a concorrenza da parte di associazioni socio/culturali di comodo, molte delle quali messe in piedi da operatori senza scrupoli al solo fine di dirottare nelle proprie tasche margini delle quote d’iscrizione, percentuali e altro. Talune hanno raggiunto dimensioni numeriche tali da ramificarsi sull’intero territorio nazionale, anche a mezzo di meccanismi telematici. Qualcuno ha creato il termine: “fatturifici”.
Escludendo il benemerito operato delle migliaia di associazioni culturali genuine senza le quali la concertistica e la didattica sarebbero inesistenti, in mancanza di verifiche da parte dello Stato, per eludere tasse e contributi previdenziali è sufficiente esibirsi sotto la “copertura” di una associazione no-profit e i corrispettivi delle prestazioni diventano “contributi” all’attività sociale, i compensi degli artisti si trasformano in rimborsi spese e gli eventuali residui attivi vengono evaporati in “cene sociali” o amenità simili.
Con opportuna attenzione è tutto legalmente fattibile. Salvo il fatto che queste associazioni … non sono tali !!!
Il reato si chiama: falso ideologico con truffa ai danni dello Stato.
Talvolta queste associazioni arrivano persino a versare i contributi sul minimale exEnpals, ma così… tanto per non avere rogne dall’INPS che pretende i contributi anche se l’artista non viene pagato.
Per inciso, i contributi non sono dovuti solo se la gratuità è per provata beneficenza o per esenzione ai sensi del cd. Comma 188.
Potrebbe essere moralmente giustificabile se a ricorrere a questi sistemi funambolici fossero musicisti che mai potrebbero esibirsi a fronte di compensi irrilevanti, ma perché non risolvere il problema definitivamente con semplificazioni burocratiche e soprattutto con l’introduzione di un’equa fascia di esenzione (vedi riforma del comma 188) da noi proposta da tempo?
I dilettanti genuini non avrebbero ragione di ricorrere alle associazioni di comodo e così pure i musicisti precari.
Il vero e benemerito associazionismo no-profit ne uscirebbe a testa alta e soprattutto cesserebbe la concorrenza sleale nei confronti delle autentiche imprese dello spettacolo.
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